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5 curiosità su... Renato Montagnolo!

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Dopo due difensori è il turno del più giovane membro dello staff tecnico, scopriamo di più su Renato Montagnolo!



FEBBRE A 90°
| No, non parliamo di una grave malattia, ma del romanzo scritto nel 1992 da Nick Hornby e portato sul grande schermo dal regista David Evans nel 1997. E’ proprio dal film che è scoccata la scintilla, che l’ha portato in seguito a comprare e ‘divorarsi’ anche il libro. Per Renato ritrae alla perfezione l’amore passionale per il calcio, non solo da tifoso ma anche da addetto ai lavori. Una sorta di sentimento primordiale che, a volte, ha poco di razionale. Il suo aforisma preferito è: “il calcio ha significato troppo per me e continua a significare troppe cose. Non lo so, forse è qualcosa che non puoi capire se non ci sei dentro”. La sua passione per la letteratura però non si ferma certo qui, anzi va a fondersi con quella per la storia, soprattutto quella italiana, dal Risorgimento in poi. Può vantare infatti una laurea in Storia moderna e contemporanea e sta ora portando a termine gli studi per la magistrale.

FOOTBALL MANAGER | E’ un appassionato della serie fin dal 1998. Il motivo principalmente è perché permette di ricreare in toto quelle che sono le possibilità di azione a livello manageriale all’interno dell’universo calcistico. Ha smesso solamente negli ultimi anni per non togliere tempo allo studio ed al lavoro. Nella stagione 2001/2002 scelse la panchina dell’’AlbinoLeffe e con l’aiuto del leggendario (per i videogiocatori) attaccante bielorusso Maxim Tsigalko lo portò sul tetto d’Italia.

TALENTO PRECOCE | Con i suoi ventisette anni è l’allenatore in seconda più giovane di tutta la Serie C. Ha preso il patentino UEFA B tre anni fa, smettendo di giocare per dedicarsi interamente a questa sua passione, nata in tenera età. E’ un cultore dei modelli di gioco, della tattica e della video-analisi. La sua prima esperienza su una panchina dei ‘grandi’ l’ha avuta al Jolly Montemurlo in Serie D, nello stesso anno in cui gli era stata affidata anche la formazione Juniores. Al professionismo invece è arrivato grazie alla chiamata dell’AlbinoLeffe e di mister Alvini, conosciuto andando a studiare i suoi allenamenti.

IL SIGARO RITROVATO | Secondo lui un sigaro va oltre la mera azione del fumare. E’ contemplazione, serenità e riflessione. Li utilizza per staccare per qualche attimo dalla frenesia quotidiana. Inutile dire che è un amante di tutti i ‘toscani’, in particolar modo dell’extravecchio e dell’antico toscano. Per scoprire i motivi di questa passione dobbiamo ancora una volta ricondurci al calcio perché, quando giocava nella formazione allievi, un suo vecchio allenatore fumava sempre i sigari. Questo ricordo gli è tornato in mente agli albori della sua carriera da tecnico e da lì è diventato un vezzo che non ha più abbandonato.

PRATO MIA | Renato da buon pratese doc ama Prato in ogni sua sfaccettatura, sia come città che come compagine calcistica. E’ un grande appassionato di Curzio Malaparte, che nel suo testo ‘Maledetti toscani’ descrive alla perfezione Prato ed i suoi abitanti. La fede sportiva invece è nata quasi inconsciamente e l’ha portato a seguire la squadra anche in trasferta, mentre il fratello Federico, classe ’93, ha potuto vivere l’ambiente da molto vicino dato che s’è fatto tutta la trafila delle giovanili pratesi arrivando addirittura a essere capitano della squadra Berretti. La società toscana è storicamente molto vicina all’AlbinoLeffe e le due proprietà godono di reciproca stima. Ad accomunare i due club inoltre ci sono anche i colori sociali molto simili, decantati splendidamente nell’inno del Prato: “I tuoi colori il cielo ci ha prestato”. 


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