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SpeciaListi di settore | Intervista allo psicologo bluceleste Daniele Ceserani

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Per la rubrica legata al settore giovanile bluceleste, andremo alla scoperta di una figura che fin dalla stagione 2011/2012 fa parte della famiglia U.C. AlbinoLeffe.
Stiamo parlando di Daniele Ceserani, trentanovenne di professione psicologo dello sport, che ci spiega quanto sia importante oggigiorno la presenza all'interno di una società sportiva di un professionista capace di curare l'aspetto mentale degli atleti, a prescindere dalla loro fascia d'età.

1718psicologoCiao Daniele, innanzitutto dicci in cosa consiste il tuo lavoro come psicologo del settore giovanile bluceleste?
"In ambito sportivo il lavoro dello psicologo consiste nel far migliorare le performance del ragazzo attraverso tecniche e metodologie derivanti dalla psicologia dello sport. L'ottica, dunque, è diametralmente opposta al senso comune che ci vede necessari solo in caso di 'bisogno'. Ci si sposta invece su un tipo di intervento che fonda le basi sulle potenzialità dell'atleta o, come succede nel calcio, del gruppo. Chiaramente ogni intervento deve essere disciplinato secondo l'età degli atleti coinvolti, per essere comprensibile ed avere obiettivi stimolanti, raggiungibili e quantificabili"

Cosa ti ha portato a scegliere di specializzarti in materia sportiva?
Vivo da sempre in quest'ambito. Anche se figlio di maestri di ballo, crescendo quindi tra palazzetti dello sport e sale da ballo, ho praticato ciclismo su strada ad alti livelli fino all'età di ventiquattro anni, quando ho deciso di mettermi a studiare psicologia. Laureatomi in psicologia clinica mi sono poi specializzato in quella sportiva, per continuare a rimanere nell'unico ambiente in cui mi sento veramente a 'casa' e dove esercito, oltre che come psicologo, anche come formatore per l'Accademia Italiana del Fitness".

Secondo te quali sono i vantaggi nell'avere uno psicologo all'interno dello staff di una società calcistica?
"Una figura professionale come quella dello psicologo ha una preparazione che consente, al di là del mero intervento psicologico, di gestire situazioni difficili o conflitti che spesso possono insorgere all'interno di una società sportiva. Può diventare, a patto che vengano rispettati i ruoli dei diversi formatori, un buon mediatore ed un'ottima risorsa da utilizzare nei rapporti dirigenza-formatori-atleti e famiglie. Questa è anche la differenza fondamentale tra un semplice mental coach ed uno psicologo dello sport".

Come si svolgono gli incontri che tieni a cadenza mensile con formatori e ragazzi della formazione Berretti?
"Questo è un anno di transizione per la categoria Berretti, in quanto è stata 'accorpata' come gestione alla prima squadra. Per questo motivo gli incontri con i formatori ed i ragazzi di questa categoria, che da anni si svolgevano a cadenza mensile, cominceranno solo dopo un periodo di osservazione d'obbligo per consentire un adeguato "rodaggio" del nuovo sistema. Attualmente le attività a cadenza mensile vengono svolte con Allievi e Giovanissimi e consistono nell'introdurre i giovani atleti ai concetti della preparazione mentale e all'importanza di curare tale aspetto esattamente come vengono curati gli aspetti atletici, tecnici e tattici.
Inoltre, grazie al contributo del Prof. Paolo Lazzarin (preparatore atletico) abbiamo preparato un interessantissimo protocollo di somministrazione test che avviene via mail e ci consente di monitorare per ogni giovane atleta le diverse skills attinenti alla preparazione mentale. Con i formatori gli incontri sono invece strutturati in forma di "supervisione" all'interno delle quali ci si confronta sull'andamento della gestione dei ragazzi e si ragiona su tecniche di comunicazione efficace o su eventuali problematiche che possano emergere durante la stagione".

Quali sono state, se le hai riscontrate, le maggiori difficoltà durante il tuo lavoro di psicologo dello sport?
"Culturalmente in Italia, rispetto a quanto succede nei paesi anglosassoni, lo psicologo dello sport è ancora una figura vista come 'non indispensabile' all'interno di una società sportiva e per questo i gruppi sportivi o i singoli atleti ancora non sono abituati ad investire grandi risorse economiche in questo ambito. La grande difficoltà e l'onere, che per inciso tocca a noi psicologi dello sport, è quello di concorrere alla diffusione del nostro operato e dei reali benefici che gli atleti possano trarre da una seria programmazione e preparazione mentale".

Ci puoi parlare del nuovo progetto che coinvolgerà anche la fascia degli atleti più piccoli del vivaio bluceleste?
"L'U.C. AlbinoLeffe si fregerà, da quest'anno, di divenire Scuola Calcio èlite Nazionale. Per questo motivo la mia figura, in collaborazione con tutti gli altri formatori del vivaio, sarà impegnata in un progetto che porterà i piccoli calciatori e le loro famiglie a vivere un ambiente societario che sia al contempo ludico, educativo e socializzante, attraverso la condivisione dei valori blucelesti ma sempre con una particolare attenzione ai bisogni ed ai desideri dei bambini".

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